Il 2024, anno in cui ricorrono i 650 anni dalla scomparsa di Francesco Petrarca, scandisce il secolo di vita della denominazione Libreria antiquaria “Umberto Saba”.
Saba da giovane ritrova, leggendo un Petrarca commentato da Giacomo Leopardi, «il filo d’oro della tradizione italiana». Attribuisce alle raccolte poetiche componenti la propria autobiografia in versi, il titolo Canzoniere, lo stesso adottato per la raccolta dei Fragmenta dell’umanista.
In Storia e Cronistoria del Canzoniere confessa: «Saba fu, per temperamento, un classico, maturato in un ambiente romantico». (3). Dalla libreria di via San Nicolò proviene il Canzoniere di Francesco Petrarca, che Umberto Saba aveva nella propria disponibilità (Padova, Minerva 1837). (9)
La critica riconosce nei componimenti di Saba la ricerca della parola levigata che fu di Petrarca e di Tasso, di Metastasio, di Foscolo e di Leopardi, di Parini. (2; 2bis) Il poeta triestino mantiene la sequenza delle raccolte di liriche in una dimensione fuori dal tempo; osserva l’unità di luogo: Trieste è quasi sempre la cornice dei suoi testi. Con Petrarca condivide il senso di un’intima solitudine che non può essere risolta per la sua diversità dagli altri: «Sol talvolta discendo fra le altere / genti del mondo, ivi quei loro affanni / provo, non cure tacite severe, / ma le lotte crudeli e l’onte e i danni» ( Così passo i miei giorni). (3bis) La malinconia è uno stato d’animo condiviso con Petrarca. Il quarantenne Saba in Storia e Cronistoria del Canzoniere, rivela: «”Il malinconico” era, nel pensiero di Saba, il Petrarca» (5).
Umberto Saba invia l’8 febbraio 1911 il saggio alla rivista fiorentina «La Voce», che però non lo pubblica. Saba vi rivendica la testimonianza di ricerca di un valore etico della poesia.
Carta a quadretti, manoscritto a inchiostro di china cc. 14; misure 23 x 14,5 cm;
Provenienza : Università di Pavia, Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei
SAB 02 29 c.14
Umberto descrive il paesaggio come contraltare sereno alla propria tormentata interiorità, replicando il paesaggio della poesia umanistica: «Amo il lido del mare e la campagna / solitaria; …e un ruscelletto che tra i sassi o i fiori le risponde» (Il Melanconico v. 4-5, 9) (4).
Anche il senso di estraneità dagli altri – «Solo il volgo m’offende, egli che fuori / del mio bene mi trasse…» (Il melanconico v. 12-13) – riprende un motivo ricorrente nella poesia petrarchesca « altro schermo non trovo che mi scampi dal manifesto accorger de le genti» (Francesco Petrarca, Solo et pensoso, RVF 35). Nei Versi Militari. Durante una Marcia esprime il peso di vivere, la consapevolezza della propria diversità dagli altri uomini : «Ed io, se a volte di sì aspra vita / soffro, che i sensi ne son tutti offesi; / credi, non è la gravezza dei pesi, / è l’inutilità della fatica» (8).
Questa consonanza con Petrarca viene disconosciuta nelle prose della maturità. Dopo la psicoanalisi a cui si sottopone con lo psichiatra Edoardo Weiss, Saba sentenzia in Scorciatoie : «Laura era la donna che non si può avere. E tutta la fascinosa, un po’ monotona, storia del Canzoniere, di venti e più anni di corteggiamenti, per non arrivare, per voler non arrivare a nulla, è qui» (1945) (7; 7bis). Al critico Goffredo Bellonci che si chiede se Laura sia mai veramente esistita e conclude che Laura sia una metafora della Poesia, Umberto replica ironicamente, che Laura era per l’umanista metafora della madre, ma che per i poeti la madre è, appunto, la Poesia (7).